Fase importante di un’esecuzione chitarristica, ma non solo per questo strumento ovviamente, è la registrazione o ripresa dello strumento.


In questo ambito è opportuno distinguere lo chitarra acustica non amplificata e la chitarra elettrica: la prima ha la sua voce fondamentalmente nell’emissione acustica dell’insieme corde/manico/cassa, la seconda sfrutta anch’essa l’insieme “fisico” dello strumento ma lo mette strettamente in relazione alla tipologia dei pick-up utilizzati e l’amplificatore cui è collegata per creare il timbro sonoro. 

Un piccolo spazio verrà dato alla guitar-synth assimilabili alle tastiere da cui prendono le sonorità.

I microfoni
Image(s): FreeDigitalPhotos.net

Cominciamo con una piccola spiegazione sulle caratteristiche delle tre principali tipologie di microfoni.

Microfono dinamico
Questo ricevitore è composto da una bobina collegata alla membrana, il suo movimento in un campo magnetico permanente genera una debole corrente elettrica.
Microfono decisamente robusto ed economico è caratterizzato da una scarsa sensibilità e ridotta risposta in frequenza, trova il suo uso principalmente dal vivo o su sorgenti particolarmente intense.
Microfoni a condensatore
Sono costituiti da una membrana caricata elettrostaticamente inserita in un campo elettrostatico (capsula) di cui, con gli spostamenti derivati dal movimento dell’aria, modula la tensione generando una corrente elettrica.
Questo tipo trasduttore è caratterizzato in una risposta in frequenza molto ampia, una risposta ai transienti veloce ed un dettaglio che il microfono dinamico non possiede.
Ne esistono a membrana stretta e larga, genericamente si indicano i primi come caratterizzati da una risposta al transiente più veloce, mentre i secondi ad avere un suono più rotondo.
Microfono a nastro
La capsula è composta da un nastro metallico pieghettato sospeso tra due i due poli di un magnete permanente, il suo movimento modula il campo magnetico generando la corrente elettrica.
Un particolare di questo microfono è la sua bidirezionalitàinsieme ad una risposta in frequenza attenuata al limite superiore che ne determina un suono molto caldo e leggermente nasale.
Di natura delicato ultimamente è stato riscoperto in ambito di studio per le sue caratteristiche sonore.


Piccola lista ragionata di microfoni, pre e scatolette (ordinati per costo)


Microfoni a condensatore

Diaframma largo

  • Neumann U87ai
  • AKG C414
  • Audiotecnica AT2020
  • Rode NT1-A
  • Avant CK7

Diaframma stretto

  • Shoeps CMC5 + capsula MK4
  • Neumann KM184
  • AKG C451B
  • AKG C300 + capsula CK91
  • Rode NT5
  • Avant CK1

Microfoni dinamici

  • Sennheiser MD421
  • AKG D112
  • Shure SM57
  • Shure SM58

Microfoni a nastro

  • Royer Labs R-121
  • Cloud Microphones JRS-34
  • SE electronics Voodoo2 VR1

Premicrofonici a stato solido

  • Millenia HV-3D
  • Avalon AD2022
  • Focusrite Isa 428
  • RME OctaMic II
Premicrofonici valvolari
  • Summit Audio TPA-200B
  • SPL  GainStation 8 MK2
  • Universal Audio 2-610
  • TL Audio 5001 Ivory
D.I. (direct inject)
  • BSS AR-133
  • Radial Pro DI
  • Samson S-direct
ReAmping
  • Radial Pro RMP


I preamplificatori microfonici
In accoppiamento al microfono troviamo il preamplificatore microfonico, strumento deputato all’amplificazione del segnale che deve essere innalzato da qualche mV (da 2 a 20) a 0,775V (livello di tensione di lavoro di un mixer ed indicato con lo 0dBu).

Di questo troviamo due principali tipologie: valvolare e stato solido.
Valvolare
Utilizza le valvole, o tubi termoionici, a triodo. Sfruttano un flusso elettronico, generato da un effetto termoionico, modulato dal segnale audio il cui risultato è l’amplificazione dell’ampiezza originale nei termini utili alla registrazione.

Le caratteristiche di questa circuitazione, indubbiamente valida anche se datata, sono di una saturazione progressiva molto dolce caratterizzata dall’enfasi delle armoniche pari, una risposta ai transienti morbida ed una naturale compressione del segnale a livelli alti.
Stato solido
Questo tipo di circuitazione nasce per sostituire la precedente semplificandola.
Minore spazio, tensioni d’esercizio notevolmente inferiori, costi ridotti sono penalizzati da una distorsione a soglia molto sgradevole con enfasi delle armoniche dispari. 
Nonostante questo tipo di preamplificatore si trovi nei sistemi economici (mixer e schede audio) non significa scarsa qualità: i migliori mixer dell’industria discografica utilizzano questo tipo di soluzione, ovviamente portata all’eccellenza.
Chiarite le caratteristiche dei primi due anelli della catena audio cominciamo ad analizzare le tecniche di ripresa.

Le tecniche di ripresa

Chitarra Acustica
Anzitutto conviene analizzare l’origine del suono della chitarra.

Il timbro è influenzato dalle caratteristiche dei materialidi cui è costituito il manico e la cassa, questa assolve anche all’amplificazione acustica, e da quelle delle corde (lisce o ruvide, diametro, composizione). 

L’emissione è principalmente dalla cassa ma vi concorrono anche il manico e le corde stesse.

Primo passo per effettuare la registrazione è, quindi, cercare il punto dove si percepisce il suono che meglio soddisfa le proprie aspettative, anche in relazione allo stile musicale e al tipo di perfomance(fingerpicking, accompagnamento, parti melodiche) che si vuole catturare.
La ripresa può essere monofonica o stereofonica, personalmente consiglio la seconda in generale ed in particolare per situazioni soliste o di gruppi minimali (duo o trio) per un’immagine ampia dello strumento e molto naturale.
In questa caso non considero di particolare interesse l’uso del microfono piezoelettrico, solitamente inserito nel ponte delle chitarre acustiche, a causa della timbrica povera e dell’assenza di profondità.
Ripresa stereofonica
La ripresa stereofonica ha l’ambizione di emulare l’ascolto umano, anche se non si può propriamente parlare di ripresa binaurale, creando un canale destro e sinistro che collimano al centro a completare il fronte stereofonico. 

Si realizza utilizzando due microfoni di identica natura e modello e posizionandoli, con varie modalità, di fronte alla sorgente.

Le diverse tecniche sfruttano una o più delle peculiarità che determinano la nostra capacità di localizzare la provenienza di una sorgente sonora per creare l’immagine stereofonica.

Qui spiegheremo quelle di più semplice ed efficace realizzo:

Tecnica XY

 Ripresa stereofonica XY

Derivata dalla tecnica Bluemlein, ingegnere dei laboratori Bell che la sviluppò intorno al 1930, utilizza due microfoni direzionali ad impronta cardioide, (originariamente erano bidirezionali) le cui capsule sovrapposte sono rispettivamente posizionate a 90°
Viene inserita nelle tecniche coincidenti ed assicura una perfetta monocompatibilità. Ha un’immagine stereo abbastanza ristretta e, conseguentemente, tende ad “asciugare” il suono dall’ambiente.

Spesso l’angolo tra i due microfoni viene aumentato a 135° o addirittura a 180° (tecnica parallela) per ampliarne l’immagine.

 Ripresa stereofonica XY
Tecnica ORTF

Sviluppata presso l’omonima radio di Stato francese è una tecnica semi-coincidente in cui le capsule dei due microfoni sono poste a 17cm l’una dall’altra e con un’inclinazione di 55°, rispetto l’asse centrale, similmente alle membrane timpaniche nell’uomo. 

Questa tecnica da’ un’immagine molto più ampia e dettagliata della precedente catturando anche l’ambiente in cui avviene la ripresa. La monocompatibilità può essere critica ma, generalmente, non ci sono particolari problemi.

Ripresa stereofonica ORTF
Ripresa stereofonica ORTF








Posizionamento microfoni
Indipendentemente che si utilizzi una tecnica stereo o monofonica il primo approccio è la ricerca, in ascolto, del punto d’emissione migliore dello strumento
Generalmente trova buon gioco disporre i microfoni ad una distanza che varia dai 30cmquasi un metro a seconda dell’ampiezzadell’immagine e della bontà dell’ambiente. 
Punto focale è lo spazio tra la buca ed il manico, la zona del 12° tasto è quella più povera di armoniche, può essere interessante anche catturare la cassa solitamente più ricca di basse frequenze.

Personalmente mi piace utilizzare una ripresa stereo accoppiata ad una monofonica ravvicinata alla cassa ma evitando accuratamente di riprendere il ponte, fonte di suoni molto striduli. 

In fase di mix, allineati i due segnali per ovviare a problemi di fase/ritardo, utilizzo il segnale mono attenuando le medio e alte frequenze e disponendolo al centro. Specularmente taglio le basse frequenze nella traccia stereo.

Di volta in volta può essere interessante utilizzare dei microfoni a spot in punti particolari: sul manico per catturare suoni di struscio o sul ponte per ottenere un suono molto asciutto e squillante, qui è la fantasia e la necessità a farla da padrone.

Chitarra elettrica (ovvero microfoniamo l’amplificatore)
Microfonaggio amplificatore

Qui tutte e tre le tipologie di microfoni trovano uso, la scelta è da mettere in relazione al genere che si esegue ed alla conseguente timbrica che si vuole ottenere.

Microfonaggio amplificatore
Approccio minimale è il posizionamento di un microfono sulla cupola del cono, suono aggressivo e povero di basse, o a mezza strada tra il centro ed il bordo dell’altoparlante dove si ottiene una timbrica più mediosa e a volte un po’ impastata in basso.



posizionare un microfono posteriormente

Terza possibilità, da associare alle precedenti, che si utilizza con i combo a cabinet aperti, è posizionare un microfono posteriormente per catturare un suono molto grosso sulle basse frequenze. Attenzione ad invertirne la polarità (fase) per sommarlo positivamente agli altri eventuali segnali.

Avendone la possibilità è interessante utilizzare più microfoni, di diversa marca e tipologia, nelle diverse posizioni descritte allineandoli temporalmente (tramite editing o sample delay) e miscelandoli con una ripresa distanziata, a circa un metro, che restituisce anche le caratteristiche dell’ambiente. Il mix delle diverse tracce, che concorrono con le diverse timbriche a costruire il suono totale, darà un’immagine molto densadi suono soprattutto a favore di generi aggressivi.
Tecniche di re-amp (ovvero ci penserò più tardi)

Utilizzando delle D.I. (direct inject) o gli ingressi detti ad Hi-Z (alta impedenza) presenti su molte schede e premicrofonici è possibile registrare la chitarra in “diretta” ovvero tralasciando l’uso di amplificatori ed utilizzando le loro emulazioni digitali.
Può essere molto utile per stesure rapide o in situazioni delicate (leggi vicinato e/o conviventi ostili)
o lo si può utilizzare per registrare, parallelamente ai microfoni, la chitarra tal quale riservandosi la possibilità di cambiare la catena di amplificazione ed effetti senza dover rifare il take.

Reamping box

Nel pratico una volta ottenuta la traccia diretta si provvede a mandarla all’amplificatore previo circuito d’adattamento, il re-amp box, posto tra l’uscita della scheda audio e l’ingresso dell’amplificatoremedesimo.

Quindi si utilizzano le tecniche microfoniche già descritte per effettuare la registrazione.

Frammenti di ripresa dell’amplificatore

Sennheiser MD409 posizionamento su cupola

 Shure SM57 posizionamento laterale

AKG C414 ULS posizionamento posteriore (polarità invertita)

AKG C414 ULS posizionamento distanziato (70cm)

  

L’uso degli effetti

Ultimo capitolo di questa piccola trattazione riguarda l’uso degli effetti.
Bisogna distinguere fra ciò che fa “suono” ovvero la distorsione, l’equalizzazione, effetti quali il wah-wah e quello che crea ambienza come il riverbero e i delay. In questa separazione effetti come il chorus ed il flanger sono da considerarsi intermedi.
La regola da seguire è di evitare l’uso di effettistica che potrebbe compromettere la fase successiva di missaggio con gli altri strumenti. 

Un esempio è l’uso esagerato di riverberi che potrebbe creare grossi problemid’intelligibilità della chitarra nel mix andando inoltre a mascherare le voci e creando confusione a causa delle ambienze discordanti e di difficile omogeneizzazione.
A chi approccia la registrazione della chitarra, acustica od elettrica, come fonico tengo a sottolineare che è un passo che prosegue il duro lavoro del musicista a creare il proprio sound e che, in quanto tale, deve essere rispettato e colto nella sua pienezza e totalità.

Have a nice tracking.

Lorenzo Alberti (maggio 2012)