Le idee sono nella mente (testa/cuore), non nella voce o nelle dita e si possono manifestare attraverso la mediazione della voce e/o dello strumento-musicale. 
Non bisogna però mitizzare la voce perché, come esiste una meccanica strumentale, così esiste una meccanica vocale: intervalli, frammenti melodici e frasi già collaudati e sedimentati che si ripropongono spontaneamente nelle dita, ma anche nella voce! 


Inversamente, così come si può essere estremamente creativi solo cantando, si può essere altrettanto creativi solo suonando: dipende dall’approccio mentale abitudinario. E’interessante e condivisibile quello che dice Focillon a proposito della mano: “Spesso sono le mani ad imporre una forma, un contorno”.


Una volta giunti ad essere in grado di suonare istantaneamente quello che si canta, non si riesce però più a distinguere se ciò che viene eseguito avviene : 
– suonando effettivamente quello che si sta cantando; 
– oppure suonando quello che si è cantato in passato ed è stato memorizzato; 
– oppure cantando in tempo reale ciò che si sta ideando ex-novo allo strumento. 


Il segreto della creatività in tutti i casi sta nella facoltà introspettiva del musicista e nella sua capacità di esternare fedelmente attraverso i mezzi a lui più congeniali l’idea musicale che sente in un determinato momento. Le idee si possono:
– “rubare” agli altri;
– elaborare a tavolino secondo tecniche compositive fredde e razionali; 
– oppure possono sgorgare spontaneamente dal proprio vissuto interiore/musicale. 


Questi tre elementi convivono ed interagiscono tra loro in equilibrio variabile, ma la capacità dell’artista-improvvisatore è quella di riuscire ad esprimere in modo attendibile la propria interiorità per mezzo della osservazione riflessiva. 



Una cosa è quindi la necessaria educazione dell’orecchio musicale con esercizi vocali sugli intervalli e dettati melodici e armonici e lo studio vocale del linguaggio-jazz, altra cosa è pretendere da uno strumentista la stessa abilità dei cantanti. Vi sono diverse scuole di pensiero, senza dubbio qualcuna potrà essere migliore di altre, ma la migliore per qualcuno non è detto che sia la migliore per qualcun altro: alla fine ognuna va commisurata e valutata in base alle differenti individualità e predisposizioni. 


Nella mia personale esperienza la vocalità ha un importanza essenziale per quanto riguarda sia l’educazione dell’orecchio che l’assimilazione del linguaggio-jazz. E’ importantissimo esercitarsi a suonare quello che si canta, ma anche a memorizzare vocalmente ciò che viene ideato direttamente allo strumento, perché spesso si può non essere in grado di cantare le frasi stesse da noi suonate, specialmente le frasi modulanti.


 Le dinamiche sottostanti il processo improvvisativo non sono a mio avviso biunivoche, voce-dita e/o dita-voce, ma coinvolgono un intreccio di processi mnemonici e mentali che veicolano idee musicali collaudate e inedite in un infinità di gradazioni e fluttuazioni spontanee. 


Come ha giustamente fatto notare Franco D’Andrea in un intervista su “Musica Jazz”, e come posso confermare dalla mia personale esperienza: nel jazz, e ritengo in particolar modo alla chitarra, vi sono due approcci all’improvvisazione: quello “orizzontale” e quello “verticale”. 


Ogni improvvisatore, nel suo approccio strumentale, attua, spesso inconsapevolmente, un “retro-pensiero”, ovvero utilizza dei riferimenti che alla chitarra e al pianoforte consistono in “diverse diteggiature e disposizioni della 


mano secondo uno specifico schema” (Sloboda “La mente musicale”pag. 231). Il chitarrista percepisce allo strumento questi specifici schemi come figure geometriche e diteggiature e/o articolazioni manuali, memorizzabili sia visivamente che ad orecchio. 


Io personalmente suonando prevalentemente ad occhi chiusi, risalgo a questi schemi per mezzo della memoria muscolare-manuale e vocale, ma altri chitarristi preferiscono osservare costantemente la tastiera. 


Questi “schemi di diteggiatura” non sono però soltanto anonime figure geometriche prive di significato musicale, quel che più importa è che esse corrispondono a concetti sonori ben definiti sia melodicamente che armonicamente. 


Ora qui è il punto: il tipo di struttura adottato influenza il fraseggio e lo può cambiare! Qui torniamo all’improvvisazione “orizzontale” e “verticale”: nella sintassi tonale di regola una scala-modale si articola orizzontalmente per gradi congiunti, ovvero per toni e semitoni. 


Gli arpeggi invece si articolano verticalmente per gradi disgiunti, ovvero prevalentemente per intervalli di terza. Benché ovviamente i due approcci, orizzontale e verticale, non vengano utilizzati separatamente ma assemblati, ciò non toglie che ogni musicista finisca con l’organizzare il suo sistema di fraseggio privilegiando uno dei due approcci rispetto all’altro. 


Gli improvvisatori “orizzontali” costruiranno istantaneamente sempre nuove frasi all’interno di schemi-scalari (ad es. le scale modali); gli improvvisatori “verticali” all’interno di schemi-arpeggiali (sinteticamente e riduttivamente detti “triadi”). Però anche tra gli improvvisatori verticali vi sono differenze di fraseggio che derivano dal tipo di arpeggio adottato. 


E qui è necessario un ulteriore approfondimento: la sovrapposizione di due triadi origina una quadriade, la sovrapposizione di due quadriadi origina una pentiade (detta anche pentafonica) e la sovrapposizione di due pentiadi origina una esafonica (detta anche semi-pentatonica o “scala zoppa”). 


Alla chitarra l’improvvisazione verticale e più difficile di quella orizzontale perché comporta un utilizzo totale della tastiera dalla prima alla sesta corda, con conseguenti difficoltà sia per la visualizzazione, che per la pennata e la velocità d’esecuzione. 


Ciò non avviene nell’improvvisazione orizzontale nella quale si procede su gruppi di tre o quattro corde, ciò consente di supportare l’esecuzione con legati e facilitazioni per la pennata e la velocità. Spesso l’improvvisatore-orizzontale può apparire allo spettatore inesperto più convincente e “virtuoso” dell’improvvisatore-verticale, nonostante quest’ultimo faccia generalmente cose più complesse!